Eccoci finalmente arrivati al consueto appuntamento con la classifica annuale, ossia con i 15 migliori dischi che ho ascoltato nell'anno appena passato. Quest'anno ho deciso di escludere parecchi nomi tra cui Black Keys, Caribou, i Blonde Redhead, Afghan Wings e i Wild Beast sia a causa della mia pigrizia sia poiché credo che di alcuni di questi ne farò prima o poi una piccola recensione dedicata. Ovviamente questa classifica si basa sui dischi che ho ascoltato e che, ovviamente, non sono tutti.
15) Real Estate - Atlas
(indie rock, pop rock)
Rilassate melodie pop in un'atmosfera placida e rilassata, il conforto del sole in un pomeriggio primaverile. Una quiete ammaliante e rassicurante, fatta di fresche chitarre che si intrecciano per creare eleganti e spensierati motivi mai banali. La voce di Courtney suscita una sorta di tepore seducente, ci carezza e ci conduce verso lidi eterei e sognanti, onirici. Forse non resterà nel vostro lettore a lungo, ma è comunque un'ottima colonna sonora per una calda estate fatti di ombrati tramonti in riva alla spiaggia.
12) Blood Red Shoes - Blood Red Shoes (indie rock)
Riff incisivi e ritmiche veloci, suoni stridenti e i 90' sempre nel cuore. Il duo inglese ci propone un rock aggressivo fatto di suoni fuzzosi e di ritmi cadenzati, il tutto ammicca alla scena di Seattle ma questa viene rimessa in discussione e, per certi aspetti, rielaborata. L'alternanza tra le due voci, una più tagliente ed energica mentre l'altra all'apparenza più gracile e delicata, crea una gradevole effetto vocale che certo aiuta la longevità del disco; questo non basta però, il disco sicuramente intrattiene e diverte ma, a lungo andare, mostra il suo maggior difetto, ossia la mancanza di un vero cavallo di razza, di un brano che resti davvero impresso, che ci faccia ricordare del disco quando questo non sarà più nel lettore.
14) Paolo Nutini - Caustic Love (soul, gospel, funky)
Devo dire la verità, mi sono avvicinato a questo disco in punta di piedi, conoscendo molto poco dell'artista in questione e del suo background musicale. Ingenuamente mi aspettavo un song writing di matrice folk, invece sono stato inondato da una varietà di generi e sottogeneri, tutti profondamente radicati nella formazione black tipicamente americana; si passa quindi con facilità da brani che diffondono energia positiva a brani più riflessivi e pacati, il tutto è costantemente impregnato di chiari riferimenti soul, gospel e funky, gli spunti sono talmente palesi che non c'è neanche bisogno di nominarli; il tutto però sembra essere studiato alla perfezione, fa battere i piedi e ci fa divertire, non inventa ma rielabora in modo personale e soggettivo. Sicuramente un disco da ascoltare per gli appassionati di voce graffianti, di fiati e di cori gospel con pochi 'hallelujah' e di un easy listening vario ed energico.
13) Cloud Nothing - Here and Nowhere Else
(noise rock, hard rock)
Il precedente 'Attack on Memory' mi aveva letteralmente conquistato, veloci riff post-hardcore conditi da variazioni post-rock e testi degni del più depresso Thom Yorke, il tutto suonava sporco ma, per certi aspetti elegante e mai banale. Entrava pian piano in circolo e restava per settimane, per mesi. Proprio per questo il primo approccio con questo 'Here and Nowhere Else' è stato destabilizzante, otto brani col piede sull'acceleratore senza nessun sosta o un cambio di ritmo, sonorità cupe e caotiche che riescono perfettamente ad incanalare il senso di rabbia di Baldi e compagni. Quelli che nei primi ascolti erano i principali difetti del disco diventano nel tempo i veri protagonisti, il senso di apatia inizia ad affascinarci, il chaos sonoro ci seduce, il binomio perfetto tra velocità e melodia ci strega e ci conquista. Un disco quindi che non lascia tregua, pochi i momenti in cui si può riprendere fiato, veniamo letteralmente trasportati da una frenesia hardcore e vagamente punk che ci percuote e ci ferisce; un disco sicuramente da ascoltare per gli appassionati del genere o per i nostalgici di gruppi che ormai andati.
(rock, punk rock)
Ci vuole coraggio Laura, tanto coraggio. Ad accettare sé stessi e la nostra vera identità, a combattere quotidianamente contro le incomprensioni e la sofferenza, contro la paura di non essere accettati e contro la solitudine. E ci vuole anche pazienza, tanta pazienza, ad accettare gli sguardi incuriositi e le facili battute, a sopportare l'ipocrisia delle persone che ti accettano davanti ma ti ridono dietro, a diventare l'unico vero argomento di discussione di molti. Ma sopratutto a diventare improvvisamente popolare non tanto per la propria musica, quanto per la propria natura. Liriche usate come sfogo liberatorio quindi, condite da una sincerità e schiettezza disarmante, il tutto adagiato su solide strutture punk rock a volte abrasive e corrosive, sempre però provocatorie ed intelligenti. Una sessione ritmica di livello risolleva i brani anche nei momenti più deboli, il tutto scorre con facilità divertendo e facendo pensare, si arriva con facilità alla fine del disco. Il tuo messaggio è arrivato forte e chiaro, ne sono certo.
10) Foo Fighter - Sonic Highways
(rock, hard rock)
Kurt forse aveva paura di diventare quello che è Dave adesso, una star internazionale che riempe gli stadi e che è in grado di influenzare generazioni di più giovani. Fatto sta che Dave ha sempre portato avanti la sua carriera con onestà e correttezza, cadendo poche volte nella trappola del mainstream rock e dei ritornelli facili di stadio, ha raggiunto le masse senza mai abbassare il capo e rimanendo sempre fedele alla sua linea e alla sua concezione di rock. Dave propone dischi ambizioni e ogni volta il tutto sembra perfetto, senza nessun passo falso o caduta di stile; stavolta un album inteso come un viaggio, che lo fa percorrere le strade della sua tanto amata America, la quale gli ha dato tanto ma ha anche preteso tanto. Ogni viaggio porta in una città e in ogni città una canzone, ogni canzone porta collaborazioni, contaminazioni, emozioni contastanti ed esperienze vissute; un rock di matrice classica, canticchiabile e patinato, a volte banalotto ma indubbiamente di qualità e onesto. Forse Kurt aveva semplicemente paura di non essere in grado di essere quello che è Dave è diventato, aveva paura di non avere la sua forza ed il suo carattere. Forse.
(Blues, blues rock, alternative rock, alternative rock)
Continuo a dire quello che ho sempre detto su Jack White, ossia che quest'uomo ha un talento innato, ogni cosa che tocca diventa oro e ogni suo disco riesce in qualche modo a stupirci, ad affascinarci. Poi ovviamente i gusti sono soggettivi ma la qualità è e deve restare oggettiva; una carriera cosi variegata e una discografia con una qualità tale è difficile da trovare in chi ha meno di 40 anni, riesce con facilità a spaziare e contaminare generi cosi diversi che partono dal blues old school fino arrivare a riff degni del più ispirato Jimmy Page, il tutto è condito dalla sua eclettica personalità e dal suo estro creativo senza rivali. Il cantato resta veloce e incalzante, i testi sono criptici e taglienti, gli omaggi e i riferimenti sono in ogni dove, la diversità dei generi dei singoli brani mostra a pieno la sua vigorosa vena creativa ed eccentrica personalità; insomma, Jack White supera ancora una volta l'esame a pieni voti e si conferma uno degli artisti più interessanti dell'ultimo decennio.
08) Beck - Morning Phase
(folk rock)
Primo mattino, il sole che entra dalla finestra, siamo ancora assopiti ma inondati dalla luce. Troviamo le forze, pian piano ci alziamo e restiamo un attimo appoggiati al letto, contemplando il mare di luce che entra dalla finestra. Le lenzuola disfatte, accanto a noi non c'è nessuno e possiamo prenderci un minuto, il tutto è calmo e pacato, senza nessuna fretta. Riflettiamo su quello che siamo e su quello che siamo diventati, sulle nostre forme e sulle nostre maschere, sulle poche persone realmente importanti. Se avessimo un'altra possibilità ci comporteremmo allo stesso modo? Sembra tutto molto confuso ma in realtà è tutto molto chiaro, non è mai stato così chiaro. Giungiamo finalmente ad una conclusione, quella conclusione che dentro di noi abbiamo sempre saputo ma faticavamo ad accettare. È ora di reagire di prendere in mano la nostra vita e di provare ad essere felici. È finalmente ora di alzarsi dal letto.
07) Spoon - They Want My Soul (indie rock)
Strano il mondo dell'indie rock, un mondo dove coesistono band che bruciano come un fuoco di paglia ma hanno ingiustamente una folta schiera di seguaci e band più sfortunate che, seppur dimostrando il loro valore disco dopo disco, non ottengono mai un seguito di ascoltatori degno di nota. Gli eterni sottovalutati quindi, i quali però continuano però a stupire per la freschezza dei suoni e delle idee, stanno al passo con i tempi e sorpendono con perfette sessioni ritmiche minimali, un pizzico di elettronica e un tocco di lo fi. Britt Daniel e compagni vanno diritti al punto, creano brani allo stesso tempo scarni ma mai troppo spogli, ripetitivi ma mai troppo ridondanti, tendenzialmente rock ma ammicanti al pop. I brani viaggiano coesi verso un unica direzione, pochi sono i passi falsi e il tutto scorre via facilmente, si arriva al capolinea a suon di accordi elementari conditi da bassi intensi, sembra che giochino ed improvvisino su temi semplici per poi esplodere in ritornelli orecchiabili che restano impressi. Mentre questo disco potrebbe essere il capolavoro della vita per altre band, per gli Spoon è semplicemente una ordinaria uscita che conferma nuovamente il loro talento e la indubbia qualità delle loro opere.
06) Interpol - El Pintor
(indie rock, rock)
Amosfere decadenti e alienazione, echi di wave anni settanta, romanticismo e malinconia. Momenti rarefatti ed intangibili mostrano a pieno la paura di rimanere indifesi davanti allo scorrere del tempo, siamo soli e resteremo soli, per sempre. Abbiamo svelato tutto noi stessi alla persona amata, ci siamo concessi completamente e tutto questo ci ha reso inermi, siamo in balia del nostro amore e non ci resta che aspettare disarmati. Suoni tremolanti, riverberi e riff graffianti accompagnano storie di trepidazioni e inquietudini condite da un romanticismo rivisitato in chiave moderna e decadente, il tutto risulta un denso concentrato di emozioni e di eleganza notturna e raffinata. Anche se calcano un po'troppo la mano sempre sulle stesse soluzioni e sulle stesse sonorità, Paul Banks e compagni riescono a riemergere da due dischi deludenti, si reinventano in un'altra forma e riescono ad alternare con gusto momenti più pacati ed intimi a momenti più dinamici e lineari.
(noise rock, post rock, industrial)
Nenie ripetitive e ritmi ossessivi, un saliscendi di emozioni e di stati d'animo, finiamo per sgretolarci per poi ricomporci in modo confuso, casuale. Veniamo prima coccolati da litanie dal retrogusto acido per poi venire scaraventati al suolo da ritmi tribali ed ossessivi, ci ritroviamo con il volto schiacciato contro il suolo mentre iniziano ad affiorare le prime immagini disturbanti; quelle che prima pensavamo essere delle semplici cantilene adesso sono delle creature dalla forma malsana, malata e disturbante, inizia a subentrare un senso di inquietudine e un fastidio diffuso, l'agitazione diventa evidente e il nervosismo è ormai palese. Prima ci coccolano e poi ci deridono e ci umiliano, prima ci fanno mettere a nostro agio e poi ci tormentano, le atmosfere dilatate dell'inizio vengono sostituite gradualmente con situazioni più cupe e nichiliste, il petto inizia a stringere a causa del senso d'ansia, si è creato un circolo vizioso dal quale è difficile uscirne. Insomma, le esperienze sonore migliori non è detto che siano quelle più piacevoli.
04) The War On Drugs - Lost in the Dream
(indie rock, shoegaze)
Per crescere e maturare artisticamente bisogna abbandonare i pesi morti e lasciare indietro chi, anche se ha avuto un ruolo importante nella nostra vita ed evoluzione artistica, è rimasto ancora ancorato ad un concezione troppo tradizionale di folk rock, non condivide più con noi la nostra stessa vena sperimentale, non è più sulla nostra lunghezza d'onda e si guarda troppo indietro e troppo poco avanti. Lasciato quindi alle spalle il capitolo Kurt Vile, Granduciel e compagni raggiungono la piena maturità artistica e la consapevolezza di loro stessi e delle loro capacità, riprendono il vecchio folk americano di Tom Petty e lo contaminano con sonorità più ampie e fluide, approdano con facilità in lidi shoegaze psichedelici dai contorni poco definiti per poi ritornare ad un indie rock di stampo più classico dove ogni cosa è precisa e strutturata. Il tutto risulta quindi essere un prodigio di equilibri, passato e futuro, sogno e realtà, stabilità e sperimentazione; è inoltre l'elogio alla semplicità, poche e semplici melodie che creano come una sorta di flusso permeato da testi romantici e nostalgici, un'altalena di sensazioni e di emozioni, una corrente che ci trascina con facilità e ci fa, anche se per un attimo, dimenticarci dei nostri problemi e delle nostre difficoltà.
Un sapiente riuso del passato, un tuffo in quello che è stato e tanta tanta nostalgia. Bassi vibranti che fanno da base a tappeti di sintetizzatori, suoni rotondi e plasticosi che creano efficaci ritmi ballabili ed orecchiabili, il tutto per narrare di eterne dichiarazioni d'amore, del calore della persona amata e della solitudine data dalla sua assenza. Anche se tutto questo può risultare datato e superato, l'opera strega e incanta e, in men che non si dica il "già sentito" viene messo da parte, si iniziano a canticchiare spontaneamente le melodie ed il tutto inizia ad entrare lentamente in circolo. La grande, grandissima interpretazione vocale di Herring dà all'opera un valore aggiunto, riesce a farci percepire il suo tormento e il suo strazio alternando con disinvoltura momenti più intimistici a momenti più graffianti, si resta ammaliati dal suo carisma e dalla sua presenza sul palcoscenico. Si viene conquistati anche grazie alla sua duplicità, cane bastonato e cuore infranto da una parte e spirito disinibito, bestia da palcoscenico e frontman pirotecnico dall'altra; insomma, i Future Island sanno vendersi e lo fanno in modo onesto, a suon di passi di danza istintivi, buone melodie pop estive e tanta tanta personalità. Consigliati.
02) St Vincent - St Vincent
(elettronica, alt pop)
Estro creativo, personalità ed evoluzione. Una musica senza schemi, seppure inquadrata in definite strutture pop. Suoni sghembi, sintetizzatori radioattivi, accenni di krautrock mista a musica 8 bit e chitarre all'apparenza fuori tempo si incastrano con gusto riuscendo a creare una complessità strumentale che, per quanto strano, risulta accessibile e leggera. Una convivenza perfetta tra semplicità, ricercatezza sonora, un pizzico di pretenziosità e tanto tanto azzardo; galleggiamo in un mare di vibrazioni sonore, di facili melodie pop dalla presa facile, dall'alternarsi di momenti più concitati a vere e proprie ballate coinvolgenti. Vengono mescolati con talento ed intelligenza sonorità vecchie e nuove, le parti ritmiche vengono frantumate per poi venire ricomposte pian piano, le liriche stravaganti e ambigue rendono i brani ancora più eccentrici e bizzarri, il tutto risulta fresco, divertente e di facile ascolto. St Vincent riesce quindi a trovare nuovi utilizzi per le ormai datate strutture del pop, le rielabora nel suo stile e apre nuovi vie ancora inesplorate, consolida il suo ormai riconoscibile stile e fa da apripista per generazioni di band future.
01) Mastodon - Once More 'Round The Sun
(hard rock, progressive metal)
Ci affascina ciò che non possiamo capire, ciò che, per quanto osserviamo attentamente, resta comunque sorprendente e misterioso. Il sole visto come qualcosa di divino e di eterno, possiamo solo contemplarlo ma non riusciremo mai a sfiorarlo. Tutto quello che siamo lo dobbiamo a lui, la sua energia ha imbevuto il nostro spirito e le nostre carni e ci ha, per certi aspetti, nutrito. Sembriamo volteggiare a folle velocità intorno a questa creatura di dimensione smisurata, le fiamme ardenti sono vicine ma non ci sfiorano, le immagini sono distorte e confuse ma non possiamo non godere di ogni attimo di questo viaggio. Mentre ci allontaniamo le atmosfere diventano più lente e pacate, siamo ancora veloci ma le immagini inziano ad essere più chiare e definite, anche se l'adrenalina è ancora molto alta stiamo piano piano tornando in noi stessi e tutto inizia a sembrare cosi evidente, cosi palese. Abbiamo affrontato l'ignoto e ne siamo usciti vincitori, anche se siamo esausti siamo finalmente rinati. Possiamo finalmente voltarci indietro e guardare con occhi diversi quello che prima ci intimoriva e ci sgomentava ma, d'altronde, questa è la chiave di tutto, la chiave della nostra vita; "non è mai troppo tardi per voltarsi indietro a guardare il sole".